L’urlo dei devoti
La Festa di Sant’Agata è la terza festa cristiana più seguita al mondo, per numero di fedeli e partecipanti. Da cosa deriva questo primato?
Potremmo riassumerlo in un’unica parola: Devozione!
A spingere il pesante fercolo sono i devoti, in questi giorni di festa la città è stata invasa soprattutto dai cittadini-devoti, ma anche da migliaia di turisti provenienti da ogni parte del mondo.
Ed ecco il momento più emozionante: Nelle prime luci dell’alba del 4 febbraio il cancello della cameretta che protegge il Busto della Santa viene aperto, il dolce viso di Sant’Agata appare ai suoi fedeli. Tra gioia e commozione i devoti urlano alla loro Santa “Cittadini evviva Sant’Agata” e “Cittadini semu tutti devoti tutti? Cittadini cittadini”.
L’urlo dei devoti saluta Sant’Agata, mentre migliaia di fazzoletti bianchi salutano la Santa Patrona.
Il sacco bianco
La Festa di Sant’Agata è la terza festa più grande al mondo, è un rito coinvolgente per l’intera città di Catania e ad animarla ci sono loro: i Devoti vestiti con “ u saccu”.
Chi lo indossa lo fa per grazia ricevuta, per chiederne una o semplicemente per devozione.
I devoti trainano la Vara della Santa Patrona utilizzando due cordoni lunghi 120 e 125 metri, indossando un saio di cotone bianco noto come “ ù saccu”, un copricapo di velluto nero, un cordone monastico bianco in vita, guanti bianchi e agitano un fazzoletto anch’esso bianco mentre esclamano: “Siamo tutti devoti, cittadini, cittadini!“
L’origine e il significato del “sacco bianco” sono oggetto di accese discussioni. Alcuni attribuiscono la sua origine al ritorno delle spoglie di Sant’ Agata a Catania nel 1126, quando la notizia si diffuse durante la notte e il popolo scese in strada indossando camicie da notte. Tuttavia, questa versione è in contrasto con la storia, poiché l’invenzione delle camicie da notte è successiva a quell’epoca. Probabilmente nessuna di queste ipotesi è corretta, e dovremmo fare affidamento sulle testimonianze di alcuni cronisti dell’epoca.
Il colore dei Garofani: simbolo di martirio e purezza
Nella processione i fiori che adornano il fercolo sono costantemente garofani; tuttavia, il 4 febbraio si tingono di rosa, rappresentando simbolicamente il Martirio e la Passione della Patrona. Il garofano bianco del 5 febbraio invece, simboleggia devozione, candore e purezza.
Lo Scrigno
Nel Quattrocento, l’artista Angelo Novara di Catania realizzò uno scrigno d’argento destinato a contenere le reliquie di Santa Agata, su cui dipinse le diverse scene della sua vita. All’interno di questo prezioso scrigno, le sacre reliquie sono collocate in reliquari differenti, ciascuno contraddistinto da forme e stili unici, testimonianza delle varie epoche storiche.
Il tesoro di Sant’Agata
Il busto reliquiario, lo scrigno e tutti i gioielli e le pietre che adornano l’immagine della Patrona sono una straordinaria testimonianza storica e artistica che si è stratificata nel tempo.
Il tesoro di Santa Agata costituisce una testimonianza autentica dell’unità religiosa e culturale, andando oltre le barriere sociali con la presenza di gioielli di epoca normanna e modesti doni della gente comune.
Il principale pezzo d’arte è il busto reliquiario, un capolavoro in argento smaltato del Quattrocento, contenente le ossa del teschio.
Lo scrigno, opera degli argentieri Archifel padre e figlio, datato al XV secolo, custodisce le restanti reliquie e il velo.
Il tesoro, che include la Corona, la Croce e vari gioielli, racconta la storia della manifattura meridionale dal 1100 a oggi. Tra i doni spiccano la collana del Viceré Ferdinando di Acugna, la corona siciliana del Quattrocento e un anello donato da Papa Gregorio X.
La croce pettorale apparteneva all’arcivescovo di Catania, monsignor Francicanava, l’ultimo a spogliare il busto di Sant’Agata dei gioielli nel 1923 per ridurne il peso. Questi gioielli, realizzati senza l’ausilio di tecnologie moderne, rappresentano un’arte manuale e una perfezione tecnica ormai perdute. Pertanto, la conservazione di questo patrimonio assume un ruolo cruciale.